L’inferno è qui ed ora
Non scopriamo oggi che la stampa italiana (e globale), perlomeno quella mainstream, non stia godendo di buona salute. Il Corriera della Sera, così come Repubblica, il Giornale o il Fatto Quotidiano hanno ricavi continuamente in perdita da più di un decennio.
La rivoluzione digitale sembra aver portato più danni che benefici ad un settore storicamente poco incline ad abbracciare il cambiamento come quello dell’informazione. Il timido aumento degli abbonamenti digitali non è mai riuscito a coprire il drastico calo delle vendite delle copie fisiche. Il risultato è stato infernale.
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Qualche dato
Partiamo da qualche dato (preso da qua):
Tra il 2010 e il 2020, i ricavi delle vendite di giornali si sono circa dimezzati per tutti i grandi gruppi editoriali quotati
Tra il 2010 e il 2020, il sistema dell’informazione ha prodotto oltre 2 miliardi di euro di passivo
I prepensionamenti, i licenziamenti e il freno alle assunzioni sono stati i tre strumenti principali utilizzati dagli editori per contenere i costi (a discapito della qualità complessiva della loro offerta—le menti più brillanti si sono infatti spostate verso professioni più redditizie. E fanno bene!)
Più di una questione economica
Il fatto che questo settore sia entrato in crisi non è in sé e per sé allarmante. Il mercato tende sempre ad autoregolarsi nel lungo periodo, con la forza lavoro e il capitale che si spostano liberamente verso mercati più redditizi. L’unico problema, però, è che la stampa possiede anche (almeno) due “funzioni sociali”.
La prima: una stampa libera monitora le attività della classe politica e delle istituzioni democratiche. La seconda: una stampa di qualità aiuta a tenere la società civile informata sviluppando il pensiero critico.
Queste due funzioni sono molto importanti nel mondo anglofono. La prima però è sempre stata storicamente molto debole in Italia. Attualmente il nostro paese risulta essere 58° nella classifica mondiale della libertà di stampa—appena l’ho letto sono rimasto basito. Ognuno potrà trarre le proprie conclusioni.
In questa serie di articoli sul declino della stampa italiana non voglio analizzare le cause profonde di questo fenomeno. La funzione di una newsletter non è equiparabile a quella di un paper accademico o di una conferenza di esperti. Vorrei umilmente limitarmi a dire la mia su un argomento che mi è molto caro. Sentitevi liberi di commentare pubblicamente nel box sottostante o di mandarmi un messaggio privato.
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Lettori caproni?
Lo dico subito: non mi piace la tesi secondo cui il problema vada ricercato nel crescente disinteresse della gente verso le grandi questioni del mondo—una tesi un pò troppo diffusa tra i circoli snob ed autoreferenziali di taluni scrittori o aspiranti tali. Al contrario, vorrei concentrarmi sul lato dell’offerta. È quindi lecito chiedersi: che prodotto offrono oggi i quotidiani e gli editori?
Nell’ultimo decennio abbiamo infatti assistito ad un vero e proprio tracollo della qualità dei contenuti dei quotidiani, sia cartacei che online. Riassumo brevemente i sintomi di questo degrado (in ordine sparso):
Diffusione di notizie irrilevanti (gattini, dichiarazioni di pseudo influencer, ecc)
Diffusione di notizie parzialmente o completamente false
Articoli banali e ripetitivi che non aggiungono nulla al dibattito su un determinato tema
Editoriali pressapochisti scritti da editorialisti tuttologi
Articoli di politica internazionale copiati e incollati da riviste straniere che hanno reporter in loco
Non stupisce quindi questo dato inquietante: nel 2021 solo il 27% degli italiani ha ritenuto i giornalisti una fonte di informazione attendibile.
Se prendiamo la stampa straniera come metro di paragone, la prestazione del giornalismo locale è impietoso. Eppure stiamo parlando di un mondo editoriale, quello anglofono, non esente da problemi, anche gravi—come la deriva del “politicamente corretto” presa dal New York Times.
Di fronte a questo scempio cosa dovrebbe fare un lettore che magari non ha troppa dimestichezza con le lingue straniere?
Penso che la soluzione più pragmatica sia quella di seguire i quotidiani indipendenti che, almeno per ora, stanno mantenendo un buono standard qualitativo (ilPost? Formiche?) E poi diciamocelo chiaramente: la “fuga all’estero” nella ricerca di informazioni è una roba indecorosa per un grande paese come l’Italia.
Nel 2020 qualcosa si è fermato
Nel prossimo articolo che uscirà a breve parlerò del momento in cui l’informazione italiana è collassata. L’esplosione della pandemia di Covid-19 ha infatti scoperchiato il vaso di pandora mettendo in luce tutte le criticità e le contraddizioni del sistema editoriale italiano. Il punto di non ritorno sembra essere stato superato proprio mentre eravamo distratti a prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari. Siamo stati traditi, come lettori, nel momento in cui avremmo avuto più bisogno di un’informazione chiara, corretta, critica e libera. Nel prossimo capitolo spiegherò come e perchè.
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