La Fratellanza Musulmana, tra democrazia e fondamentalismo
Passato e presente di uno dei movimenti più controversi del mondo musulmano.
Cos’è la Fratellanza Musulmana?
Anche senza essere degli esperti in studi orientali, in molti avranno sentito parlare della Fratellanza Musulmana. Otto anni fa, seduti davanti alla propria televisione, abbiamo assistito all’elezione di Mohamed Morsi come Presidente egiziano. La sua ascesa aveva destato grandi timori e grandi speranze. Da un lato, infatti, molti avevano visto con profondo interesse l’ascesa al potere di un leader supportato dai Fratelli Musulmani, dall’altro i maggiori esperti di sicurezza e policymakers hanno manifestato non poche preoccupazioni per l’esito di quel “processo democratico” auspicato qualche anno prima per l’Egitto e per gli altri paesi arabi.
Prima di continuare la lettura, per cortesia, sostieni questo progetto iscrivendoti gratuitamente alla newsletter di MedFiles. Basta solo la tua mail (e 10 secondi).
Ma cos’è, dunque, la Fratellanza? Cerchiamo di sintetizzarne i cardini in qualche punto.
I Fratelli Musulmani sono un’esperienza politica, nonché un’organizzazione islamista transnazionale, nata in Egitto nel 1928 e successivamente diffusasi con modalità e tempistiche diverse in tutta la regione MENA.
Il fondatore del movimento è Hassan al-Banna, studioso e scrittore che durante gli anni ‘20 ha dato forma ai cardini della Fratellanza. L’altra grande figura di spicco nel plasmare l’ideologia è stata Sayyid Qutb, la cui vita verrà brevemente riassunta nel paragrafo che segue.
I Fratelli si collocano all’interno dell’Islam sunnita sostenendo un forte conservatorismo religioso e una forte importanza della componente politica del movimento. Essi inoltre si collocano all’interno del Salafismo, una scuola di pensiero che si propone di restaurare l’Islam “originario”, ovvero quello dei tempi del Profeta Maometto.
Sayyid Qutb, l’ideologo della Fratellanza
Nei primi anni ‘50 tra le strade di Washington si aggirava un uomo di mezza età che aveva da poco lasciato il suo paese natale. Il suo nome era Sayyid Qutb, critico letterario egiziano perlopiù sconosciuto in America. Nessuno in quel momento poteva sapere che quello che appariva come uno studente troppo cresciuto (nel suo soggiorno ebbe infatti modo di studiare a Washington, in Colorado e a Stanford) sarebbe diventato di lì a qualche anno una delle massime personalità della Fratellanza Musulmana.
Nel suo soggiorno americano Qutb ebbe modo di entrare in contatto con il mondo occidentale, diventandone fortemente critico sia per quella che secondo lui era l’erosione dei valori della società e sia per la libertà sessuale delle ragazze occidentali. Nel suo testo del 1951 L’America che ho visto (CIA) egli infatti annotava, tra le moltissime altre osservazioni, che:
Per gli americani i rapporti sessuali sono sempre stati conformati alle leggi della giungla
Dopo il suo ritorno in Egitto egli iniziò la sua militanza all’interno dei Fratelli Musulmani, collaborando nel 1952 al colpo di Stato che avrebbe portato al potere il celebre generale Nasser. I Liberi Ufficiali, però, una volta giunti al potere adottarono delle scelte che contrastavano con la visione politica dell’Islam che era stata teorizzata da Qutb e dalla Fratellanza. Appena due anni dopo il golpe, nel 1954, i rapporti si erano a tal punto deteriorati che il regime di Nasser sciolse i Fratelli Musulmani, incarcerandone le personalità di spicco, tra cui lo stesso Qutb. Da quel momento fino al 1966, anno della sua condanna a morte, egli visse gran parte della sua vita in prigione, continuando anche dal carcere la sua intensa attività letteraria.
I cardini del pensiero della Fratellanza Musulmana
I Fratelli Musulmani, prima di essere un movimento regionale, sono stati un’esperienza politica egiziana. Fondata da al-Banna nel 1928 in un paese, l’Egitto, nato sulle ceneri dell’Impero Ottomano, la Fratellanza è un movimento appartenente alla più ampia corrente del cosiddetto fondamentalismo islamico. Essa inoltre appartiene all’Islam Sunnita ed ha una visione del mondo che, utilizzando una categoria occidentale, potrebbe essere definita “conservatrice”.
Gli aderenti a tale movimento perseguono l’obiettivo di costruire una società dominata dalla legge e dalla morale islamica, sebbene vi siano numerose specificità storiche e geografiche che differenziano parzialmente i vari gruppi politici che si rifanno a tale visione. Essi sostengono fortemente l’attivismo politico e la centralità dell’organizzazione come strumento di resistenza e resilienza. Una ricerca molto interessante apparsa sul sito del think-tank Arab Reform Initiative parla della Fratellanza in termini di “una forte organizzazione, [con una] ideologia debole”. Ed in effetti non stupisce che un movimento politico che in molti paesi ha vissuto a lungo nella clandestinità abbia concentrato molte energie per garantire la propria sopravvivenza, adattando i propri cardini all’ambiente circostante in primis e ponendo grande attenzione alle proprie dinamiche interne in secundis.
I fratelli musulmani oltre l’Egitto: diffusione nella regione
Come accennato precedentemente, la Fratellanza è un’esperienza politica che ha travalicato i confini nazionali dell’Egitto, espandendosi in tutti i paesi a maggioranza musulmana nel Mediterraneo e nel Golfo. Di seguito una mappa prodotta dal Council on Foreign Relations illustra chiaramente lo stato dei partiti affiliati ai Fratelli Musulmani nei vari paesi della regione MENA.
Questa mappa riesce a mostrare in maniera molto chiara la diffusione capillare dei partiti della Fratellanza. Alcuni casi, però, suscitano un interesse maggiore; Egitto ed Arabia Saudita tra tutti. Il primo paese, oltre ad aver dato i natali al movimento, ha vissuto in anni recenti l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani e il suo altrettanto celere declino. Nel 2012 sono infatti state indette le elezioni politiche a seguito della caduta di Mubarak l’anno precedente. A vincerle è stato Mohamed Morsi, alla guida del partito di Libertà e Giustizia, il nuovo volto della Fratellanza egiziana. All’indomani della vittoria un articolo del New York Times parlava in questi termini del neo-eletto Presidente:
“Mr. Morsi, di 60 anni, un ingegnere istruito in America ed ex-deputato, è il Primo islamista [nel senso di sostenitore del fondamentalismo islamico]* eletto alla guida di un paese arabo. [La sua vittoria] è un ambigua pietra miliare nella promessa transizione democratica dell’Egitto”
La percezione che l’Occidente ha di Morsi è quella di un leader estremista, erede di un islam politico ostile ai valori europei ed americani. Queste parole, scritte per altro in un momento di grandi speranze verso le Primavere Arabe, risuonano in parte profetiche: la transizione democratica auspicata non si sarebbe mai verificata, ma non per le cause che l’editorialista del Times avrebbe potuto prevedere. Appena un anno dopo, un colpo di Stato guidato dalle forze armate del paese pose fine alla presidenza di Mubarak, dando inizio ad una nuova ondata di persecuzione contro i militanti della Fratellanza. Al-Sisi, il dittatore egiziano di cui si è parlato molto su MedFiles (soprattutto per il recente conferimento della Legione d’onore da parte del Presidente Macron che ha suscitato non poco scandalo in Occidente), dal 2013 ha di fatto cercato di spazzare via ogni forma di resistenza organizzata dai Fratelli Musulmani mettendo fuori legge il Partito di Libertà e Giustizia.
L’Arabia Saudita, come già anticipato, è invece l’altro caso di grande interesse. Per comprendere appieno il perché di tali divergenze è opportuno però fare un passo indietro. Nel paese la dinastia regnante, la casa dei Saud, ha stretto un rapporto di lunghissima data con il movimento wahhabita, sviluppatosi nel XVIII secolo proponendo una visione ultraconservatrice dell’Islam. Soprattutto a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso le divergenze ideologiche del Wahhabismo e della Fratellanza hanno di fatto portato ad una rottura quasi totale tra questi due movimenti. Le cause sono numerose: i wahhabisti accusano la controparte di aver adottato una concezione dell’Islam pervertita, mentre la Fratellanza -movimento, è bene ricordarlo, molto più “politico”- ritiene che i seguaci di ʿAbd al-Wahhāb propongano un Islam inadatto all’età contemporanea. La posizione in seno al Regno saudita è quindi molto chiara: la Fratellanza è considerata un’organizzazione terroristica che, per giunta, non rappresenta l‘Islam (Al Arabiya).
La Fratellanza Musulmana, oggi
Nonostante la storia quasi centenaria dei Fratelli e le numerose persecuzioni subite, essi sono ancora formalmente in attività in molti paesi. È evidente però che la loro attuale condizione, soprattutto in Egitto, sia ben più precaria rispetto ad otto anni fa, quando i maggiori esperti li ritenevano i “grandi vincitori” delle Primavere Arabe. Un ricercatore di politica internazionale, Abdelrahman Ayyash, ha recentemente rilasciano un’intervista ad African Report in cui ha tentato di sintetizzare l’attuale condizione del movimento:
Per la prima nella storia del movimento assistiamo ad una repressione su così larga scala. Dopo aver perso migliaia di membri nel Massacro di piazza Rabi'a al-'Adawiyya, la Fratellanza Musulmana è entrata in “modalità sopravvivenza”, e con ciò intendo dire che l’obiettivo primario dei leader dell’organizzazione è quello di salvare il movimento. Inoltre, i suoi leader, anche se imprigionati o in esilio, stanno invecchiando. Alcuni di loro sono stati incarcerati negli anni ‘60 (durante la presidenza di Nasser) e oggi hanno tra i 70 e gli 80 anni, perciò sono più vecchi della maggioranza dei membri o dei supporters del movimento.
Qualche considerazione personale
I Fratelli Musulmani propongono una visione politica dell’Islam che difficilmente può essere considerata compatibile con i valori occidentali, questo è evidente. Il punto centrale, però, è che la Fratellanza viene considerata da molti governi arabi e/o musulmani come un movimento che ha l’obiettivo di rovesciare l’ordine costituito. È evidente, dunque, che a prescindere dalla propria opinione sul loro operato, la presenza di numerosi movimenti come i Fratelli ha portato ad una frammentazione e ad una polarizzazione politica del mondo musulmano. Tutto ciò, inoltre, avviene all’interno del più ampio contesto socio-politico del Medio Oriente, regione storicamente incline alle conflittualità interne.
L’esperienza storica ci insegna che i paesi che sono riusciti a garantire pluralismo e rispetto dei diritti umani hanno creato le migliori condizioni per garantire pace e crescita economica. Molti Stati del sud-est asiatico sono a riguardo un caso emblematico, si pensi per esempio alla Malesia o a Singapore, mentre altri casi, come gli scontri violenti tra comunisti e militari in America Latina durante il Novecento, si pongono certamente come un modello negativo di convivenza all’interno di quel “Patto Sociale” che lo Stato dovrebbe essere in grado di garantire; Patto che in molti paesi del Medio Oriente sembra essersi già infranto. E su questo grandi riflessioni sarebbero necessarie, sia per valutarne le implicazioni e sia per quantificare le responsabilità, dirette o indirette, di movimenti come la Fratellanza.
[*] Aggiunta dell’autore
MedFiles è un giovane progetto indipendente e se pensi che questo articolo ti abbia lasciato qualcosa, un’idea, uno spunto, sostienilo iscrivendoti gratuitamente premendo sul pulsante qui sotto. Bastano solo 10 secondi. Grazie di cuore.